cinema, che passione!

gli amici ritrovati: ti ricordi quella festa, ti ricordi come eravamo vestiti, ti ricordi, c’era questo c’era quello (© enrico lucherini)…

e allora, anche se è un rischio oggettivare i ricordi (com’ero magro, com’eri giovane, com’eri bella, com’ero biondo – non io ovviamente) dai, andiamo a frugare in soffitta: dopo lunga e faticosa ricerca salta fuori la scatola dei filmini, quelli da tre minuti.

che magnifica melancolia; però, bando alle ciance: li abbiamo trovati e quindi si organizza la proiezione.

e qui il colpo di genio dell’amica nostra: la cena col menu cinematografico.

IMG_1451mise en table filologicamente ineccepibile: il runner è una pellicola con tanto di perforazioni, il portatovagliolo è il megafono del regista; ogni sottopiatto è il fotogramma di uno dei film da cui provengono le ricette.

il menu non poteva che essere scritto sul ciak:

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e allora andiamo a incominciare (motore, azione!), da destra a sinistra.

IMG_1455dal film d’animazione più divertente che abbia mai visto – ratatouille – appunto la provenzale ratatouille con melanzana, zucchina, pomodoro, patata, peperone, cipolla, aglio;

da “la cuoca del presidente” (les saveurs du palais) un piatto di grande semplicità e risultato sicuro: uova strapazzate con funghi porcini, proposte come primo piatto a françois mitterrand nei due anni passati all’eliseo;

i blinis demidoff  – “il pranzo di babette” (babettes gæstebud) – dal romanzo di karen blixen in realtà sarebbero con caviale e salsa smetana; i nostri con salmone affumicato, panna acida e erba cipollina; ma i blinis tradizionalmente accompagnano appunto la salsa smetana con erba cipollina o aneto o cetriolo, il caviale e/o il salmone affumicato e/o la bottarga e/o l’aringa affumicata…

“il generale loewenhielm … quando fu servita una nuova pietanza rimase in silenzio. “inaudito!” disse a se stesso, “questo è blinis demidoff!”. si guardò attorno, osservò i suoi compagni di tavola. mangiavano tutti calmi calmi il loro blinis demidoff, senza dar mai segno di stupore o di approvazione, come se lo avessero mangiato ogni giorno per trent’anni di fila.”

accompagna, danzando sulle punte, il berlucchi cuvée imperial max rosé.

il primo sono gli spaghetti alla mario ruoppolo, da “il postino“; qui c’è una variante importante: anziché carciofi vestiti da guerrieri bruniti come melograno e pomodori rosse viscere con aglio avorio prezioso, la nostra amica decide di ravvivare il sapore – che rischierebbe d’essere smorzato dagli antipasti – arricchendo i carciofi con prosciutto cotto croccante: l’esito è interessante, e sarebbe piaciuto anche a massimo troisi.

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accompagna, canticchiando un motivetto regionale, colomba platino 2009 di salaparuta; insòlia in purezza, caldo e carico assai.

ancora franzoso il secondo: da “julie e julia” il classico boeuf  à la bourguignonne, che si scioglie letteralmente in bocca coi porcini, la patata e le cipolle.

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accompagna, fischiettando una canzonaccia popolare, il bordolese chateu fonfroide 2011.

ed ecco il dessert: in crescendo, non poteva mancare la torta di vianne rocher dal film “chocolat“, con bicchierino di zabajone a parte; accompagna, ammiccante, clos làbere 2000 di chateu riessec, un sauternes di sentori boudoireschi.

IMG_1469 la cena termina. e inizia la proiezione: l’emozione non ha voce.

grazie, ciccia!

stavolta è acqua

e per di più acqua di fiume: il modenese panaro, per la precisione.

circa sei mesi fa, ruscando su internet mi colpì quest’immagine

 

panaro

 

la quale rappresenterebbe fanciullini di guiglia – comune della collina modenese – che nell’anno di grazia 1959 pare attraversassero cotidie il suddetto fiume perigliosamente scarrucolandovi sopra per recarsi a scuola; io non son solito pensar male: ma la situazione mi parve poco verosimile, sia pure con la tara degli usi e costumi di oltre mezzo secolo fa.

dalla foto si evince che essi scarrucolavano su corda fissa (che nella foto appare pressoché orizzontale anche sotto carico – situazione non troppo compatibile con le leggi fisiche).

insomma, il tutto odorava un tantino di bufala; il fatto, poi, che su internet non si trovasse altro che la foto stessa, in mille salse citata e commentata, ma priva di fonte, suggeriva appunto cattivi pensieri, che un’indagine svolta presso amici modenesi non riuscì a dissipare.

pensieri che nella circostanza sarebbero stati però ingiustificati: bene quindi ho fatto a lasciare la cosa in frigo fino a scovare la fonte, cioè un cinegiornale luce del maggio 1959.

fido… bau?

purtroppo no.

fido bau era un cartone di cinquant’anni fa che pubblicizzava il borotalco® – cioè il talco della manetti&roberts

httpv://www.youtube.com/watch?v=se56pG95wEQ

il fido che ho in mente io è il cosiddetto cellulare dei poveri, la rete che telecom realizzò nella seconda metà anni novanta, un progetto demenziale costato oltre 1.500 miliardi dell’epoca e ben presto abortito; del quale restano spoglie sparse qua e là per il paese.

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