tre civette sul comò?

di quand’ero piccolo – fangén, ma anche il più cresciuto e noto cinno – ricordo le conte:

sotto la cappa del camino – c’era un vecchio contadino – che suonava la chitarra – bim bum sbarra!

ambarabà ciccì coccò – tre civette sul comò – che facevano l’amore – con la figlia del dottore – il dottore s’ammalò – ambarabà ciccì coccò

mi è poi balzato alla mente – facile – anghingò e l’ho cercato, non solo nella mia vieppiù spersa memoria, ma su gùgol, trovando non solo:

anghingò – tre galline e tre cappon – per andare alla gabella [alla cappella] – incontrai la mia sorella [una ragazza bella] – che suonava le 23 [il 23] -1…2…3…

ma anche una simpatica crasiata che principia con anghingò e finisce, ohibò, con ambarabà ciccì coccò.

angimbe

responsabile di questi rammenti infantili è, savasandir, angimbé 2004: opera della sicanica cusumano, che con quest’appellativo filastrocchesco – ma angimbé è un bosco magico, sughereto del contado segestano – ha battezzato un vino di eleganza sottile discreta (70% inzolia 30% chardonnay) e profumi intensi!

immagina gustarlo, nei possedimenti elimici, rimirando il perfetto peristilio votato a divinità incògnita;
senza eccessi d’alcol né di legni ti precìpita, senza timore, nel gùrgite vasto affinché ivi tu possa abbandonarti.